La fiera di Sinigaglia, Venezia Zatta, 1794

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo interno nella bottega del caffè.
 
 LESBINA sola
 
 Lesbina
 Mi son ben divertita
555con quell’avaro ingrato;
 ma Prospero dirà ch’io gli ho rubato.
 Di ciò me ne dispiace
 e a dir ver non ho pace
 se con lui non mi son giustificata
560e voglio comparir donna onorata.
 Però mi spiacerebbe
 perdere l’orologio; de’ bottoni
 poco m’importa; basteriami solo
 mi lasciasse goder quest’oriuolo.
 
 SCENA II
 
 PROSPERO e la sudetta
 
 Prospero
565(Oh che smania ch’io sento!
 Vivere non poss’io,
 se non riacquisto l’orologio mio).
 Lesbina
 (Eccolo qui il volpone.
 Per aver l’orologio ei venirà
570ma mi vuo’ lusingar ch’ei non l’avrà).
 Prospero
 (Conviene andar bel bello).
 Lesbina
 (Per deluder costui ci vuol cervello).
 Prospero
 Lesbina, vi saluto.
 Lesbina
 Mio signor, benvenuto.
 Prospero
                                             Che ora abbiamo?
 Lesbina
575Non lo so in verità.
 Prospero
                                     Non lo sapete
 e al vostro fianco l’orologio avete?
 Lesbina
 Oh oh! Non ci pensavo;
 non me ne ricordavo; ma siccome
 la mostra non è mia,
580non l’avevo nemmeno in fantasia.
 Prospero
 Eh lo so che stamane
 meco avete scherzato e son venuto
 da voi a ripigliarlo,
 perché pronto ho l’incontro d’esitarlo.
 Lesbina
585Per quanto lo vendete?
 Prospero
                                             Almeno, almeno
 per ventidue zecchini.
 Lesbina
                                           A questo prezzo
 anch’io lo comprerò.
 Prospero
 Ma mi preme il denar.
 Lesbina
                                            Vi pagherò.
 Prospero
 Come! Se mi diceste
590che siete in povertà?
 Lesbina
 Sempre non si ha da dir la verità.
 Se povera mi fingo
 ho anch’io la mia raggione. Un giorno poi
 vi narrerò il perché
595ma l’orologio è mio.
 Prospero
                                       (Povero me!)
 Credo che non vada bene.
 Guardate che ora fa.
 Lesbina
                                        Sedici e mezzo. (Guardando la mostra)
 Prospero
 Va male, va malissimo;
 lo so ch’è imperfettissimo.
600Un galantuomo io sono.
 Datemi quel, ve ne darò un più bono.
 Lesbina
 Ma perché se è cattivo
 vendere lo volete
 da galantuom per ventidue zecchini?
 Prospero
605Perché, perché colui
 non so chi diavol sia
 e la mia mercanzia vender mi preme.
 Ma alla cara Lesbina,
 perché le voglio ben di vero core,
610ne vuo’ dare un più bello e assai migliore.
 Lesbina
 Ma quando?
 Prospero
                          Presto, presto.
 Lesbina
 Finché l’altro portate, io terrò questo.
 Prospero
 Ma perder non vorrei
 l’occasion d’esitarlo. In confidenza,
615siam sul fin della fiera
 e il denar mi bisogna innanzi sera.
 Lesbina
 Veramente bisogno
 avete di denaro?
 Prospero
                                  Oh se sapeste
 tutti gli affanni miei!
 Lesbina
620Se diceste davver, vi aiuterei.
 Prospero
 Come?
 Lesbina
                 Segretamente,
 già nessuno ci sente. Io mi ritrovo
 da parte del denar che non mi frutta.
 Per non tenerlo in ozio
625lo darò a voi da mettere in negozio.
 Prospero
 Ma prendere il denaro
 per pagar l’interesse è uno sproposito.
 Lesbina
 Senza interesse vel darò in deposito.
 Prospero
 Oh via, per compiacervi
630dunque lo prenderò.
 Lesbina
 Vado a pigliarlo e vel consegnerò.
 Prospero
 Datemi l’orologio.
 Lesbina
                                    Oh quest’è bella!
 Io mi fido di voi dandovi in mano
 tutto quello che ho al mondo; e un orologio
635a me dunque lasciar non vi fidate?
 Prospero
 Via, via, il denaro in mano mia portate.
 Lesbina
 Subito, immantinente
 vi porto il mio tesoro.
 (Credo consisterà
640in trenta paoli, se ci arriverà).
 
    Se di me voi vi fidate,
 io di voi mi fiderò.
 Ma un tesoro ancor maggiore,
 la mia fede ed il mio core,
645a voi solo serberò.
 
    L’orologio vagheggiando
 e i minuti misurando,
 a voi sempre penserò;
 e dirò: «Son fortunata,
650sono stata regalata»;
 e quel poco che potrò
 ancor io vi donerò. (Parte)
 
 SCENA III
 
 PROSPERO, poi GRIFFO
 
 Prospero
 La sua fede e il suo core,
 il suo cortese amore
655può far le voglie mie contente e liete
 ma più assai gradirò le sue monete.
 Chi l’avesse mai detto
 ch’ella avesse denari e si fingesse
 povera a questo segno?
660Ma così deve far chi ha dell’ingegno.
 Griffo
 Ma caro signor Prospero,
 vi cerco e non vi trovo; quell’amico,
 che brama ipotecare il suo cotone,
 del negozio vorria la conclusione.
 Prospero
665Vi dirò; ci ho pensato.
 L’altr’ieri ne ho comprato
 una grossa partita da un mercante
 col denaro contante. Ancor lo faccio
 in dogana tener per conto mio
670e di più caricar non mi vogl’io.
 Griffo
 Voi mi deste parola ed i mercanti
 non deggiono mancar.
 Prospero
                                           Son galantuomo,
 mancar non sono avvezzo. Mi dispiace
 d’averne in quantità; ma se vi preme,
675fate che il proprietario,
 con tutte l’altre condizioni espresse,
 cresca a me qualche cosa d’interesse.
 Griffo
 Volete ancor di più?
 Prospero
                                        Qualche cosetta;
 di poco io mi contento;
680basta ch’egli mi cresca un due per cento.
 Griffo
 Il quattordici adunque
 s’ha da pagar?
 Prospero
                              Che dite?
 Il quattordici a me! Non son sì ghiotto,
 mi contento dell’otto; ed il restante
685voi sapete cos’è
 e un sensal come voi saprà il perché.
 
 SCENA IV
 
 ORAZIO e detti
 
 Orazio
 Ehi Griffo, una parola.
 Prospero
 (Ecco qui lo spiantato
 che ha venduto i cotoni a buon mercato).
 Griffo
690(Siete giunto in buonora). (Piano ad Orazio)
 Orazio
 (Che Prospero non senta i fatti nostri). (Piano a Griffo)
 Griffo
 (È colui quel mercante che il denaro darà). (Come sopra)
 Orazio
 (Prospero?) (Come sopra)
 Griffo
                          (Appunto). (Come sopra)
 Orazio
                                                 (Ohimè! Gli avete detto
 ch’io son quel che vorrebbe
695la roba ipotecar?) (Come sopra)
 Griffo
                                    (Non l’ha saputo). (Come sopra)
 Orazio
 (È quegli a cui venduto
 ho lo stesso coton, come vi ho detto).
 Griffo
 (Oh! Zitto, zitto, non gli diam sospetto).
 Orazio
 (Ora come faremo?)
 Griffo
700(Lasciate fare a me; rimedieremo).
 Prospero
 (Scommetto che lo sciocco
 medita col sensale un qualche scrocco). (Da sé)
 Griffo
 Signor Prospero caro,
 mi dispiace di darvi
705una trista novella.
 Prospero
                                    E cosa è stato?
 Griffo
 Voi avete comprato
 da questo galantuomo
 il cotone ad un prezzo e in tal maniera
 che a un mercante d’onor non istà bene
710e stornare il contratto a lui conviene.
 Prospero
 Ho sborzato il denar.
 Orazio
                                         Cento zecchini
 mi ha pagato in contanti
 e il resto in tanti guanti
 vecchi, storpi, retenti,
715buoni soltanto da stirar gli unguenti.
 Due casse egli mi ha date
 d’aghi e spille spuntate,
 dei pettini di corno
 per pettini d’avorio e sessantotto
720tabacchiere di legno e un specchio rotto.
 Prospero
 Tutta roba perfetta.
 Griffo
                                       E perché mai
 per prezzo del cotone
 prendere cose tai? (Ad Orazio)
 Orazio
                                      Me ne vergogno.
 Ma di cento zecchini avea bisogno. (A Griffo)
 Griffo
725E voi vi approfittate
 delle buone occasion. (A Prospero)
 Prospero
                                          Non mi seccate.
 Griffo
 Signor, vi parlo schietto,
 si anderà alla giustizia.
 Orazio
 E palese farò la sua malizia.
 Prospero
730Siete ladri, assassini.
 Orazio
                                         Bravo, bravo!
 Un galantuom voi siete.
 Ma se non rifarete
 al pover venditore il prezzo onesto,
 voi andrete in prigion, ve lo protesto.
 Prospero
 
735   Tal insulto ad un mio pari?
 Ho sborsato i miei denari
 ed ho fatto quel contratto
 ch’è piaciuto al venditor.
 (Ah mi sento dal timor
740palpitar in seno il cor).
 
    Ehi sentite; senza lite
 qualche cosa vi darò. (Ad Orazio)
 Ascoltate, non parlate,
 riconoscervi saprò. (A Griffo)
745Se volete due zecchini...
 Assassini, malandrini.
 (Dar denari, oh questo no). (Da sé)
 
    Vi darò una tabacchiera. (A Griffo)
 Ci vedremo questa sera. (Ad Orazio)
750Ah mi sento dal tormento
 che più fiato in sen non ho;
 maledetti io creperò. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ORAZIO e GRIFFO
 
 Griffo
 L’avaro è spaventato.
 Non temete, ch’io spero
755ridurlo in caso tale
 che vi paghi il coton quello che vale.
 Orazio
 Oh Griffo benedetto!
 Griffo
                                         Avete ancora
 quella roba che in cambio egli vi ha data?
 Orazio
 L’ho in magazzin gettata
760senza speranza di cavarne un pavolo.
 Griffo
 Bene, vedrete ch’io non sono un cavolo.
 Orazio
 Siete un uomo di garbo.
 Griffo
                                               Ma intendiamci;
 una man lava l’altra.
 Orazio
                                        Vi ho capito.
 Sì, sarete servito.
765Domandatemi pur quanto volete,
 tutto dal mio bon cor, tutto otterrete.
 Griffo
 Non voglio che l’onesto.
 Anch’io vivo di questo e, se m’ingegno
 col mio cervello e coll’industria mia,
770è di dover ricompensato io sia.
 
    Nel mio mestiere
 ponno accadere
 de’ casi brutti.
 Non è per tutti
775fare il sensal.
 
    Saper non basta
 pesi e misure
 ma le imposture
 convien saper.
 
780   Saper conoscere
 chi può pagare,
 saper distinguere
 chi vuol gabare,
 darla ad intendere
785all’uno e all’altro;
 e pronto e scaltro
 per profittar
 saper discorrere,
 saper trattar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ORAZIO, poi il conte ERNESTO
 
 Orazio
790Questi son quei mezzani
 che per dritto o per torto
 fanno trovar contanti
 e pricipitan spesso i mercadanti.
 Ma io, per dir il vero,
795per far di più di quello
 comportava il mio stato,
 da me stesso mi son precipitato.
 Conte
 Galantuom, vi saluto.
 Orazio
                                          Signor conte,
 per dir la verità,
800mi potria favorir con più bontà.
 Conte
 Noialtri cavalieri
 il grado nostro sostener dobbiamo
 e non è poco se vi salutiamo.
 Orazio
 Grazie di tanto onor. (Con ironia)
 Conte
                                          Voi specialmente
805da me non meritate
 trattamento civil.
 Orazio
                                   Chiedo perdono.
 Nello stato in cui sono,
 creda vosignoria,
 fidar non posso la mia mercanzia.
 Conte
810Basta, vi compatisco e nonostante
 che mi abbiate trattato un poco male,
 di voi fo capitale.
 Orazio
                                  In quel che posso
 son qui per ubbidirla.
 Conte
                                           Ho di bisogno
 di un abito per me,
815di uno per la mia dama e le livree
 voglio per li staffieri.
 Orazio
 Ed io la servirò ben volentieri.
 Ma signor...
 Conte
                         Vi capisco
 povero galantuomo!
820Bisogno avete di denar. Sentite,
 denar per or non vi darò alla mano,
 vi darò, se volete, tanto grano.
 Orazio
 Ed io lo prenderò.
 Ed io la servirò senza il denaro.
825Ma mi assegni porzion del suo granaro.
 Conte
 Il granar di quest’anno
 per altri è già disposto
 ma vi farò sicuro,
 promettendovi il gran l’anno venturo.
 Orazio
830E se vien la tempesta?
 Conte
                                            In questo caso
 vi pagherò col vino.
 Orazio
                                      E se l’inverno
 fa le viti seccar?
 Conte
                                Son cavaliere.
 Pagherò ad ogni patto
 e si farà il contratto,
835id est un istrumento
 di pagar l’interesse al sei per cento.
 Orazio
 Co’ mercanti del loco
 si può fare il contratto in tal maniera
 ma non con quei che vengono alla fiera.
 Conte
840Ma questa è un’insolenza.
 Voglio essere servito
 e se il negate vi farò pentito.
 Orazio
 Pian, pian, la non si scaldi padron mio,
 che so scaldarmi anch’io.
 Conte
                                                Maggior rispetto
845mertano i pari miei.
 Orazio
 Son servitor di lei;
 la venero e la stimo;
 ma se non ha denari,
 signor conte padron, noi siam del pari.
 
850   Cosa val la nobiltà
 senza il lustro del contante?
 Il signore ed il mercante
 non si stima, se non ha.
 
    Non ho il capo cincinnato,
855non vo liscio né stuccato
 ma mi faccio rispettar,
 se la quaglia fo cantar.
 
    Mi fanno ridere
 questi zerbini,
860senza quattrini,
 quando pretendono
 farsi stimar.
 
    Non se n’avvedono,
 si fan burlar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 Il CONTE solo
 
 Conte
865Con questi impertinenti
 a ragione mi sdegno.
 Sono in un forte impegno,
 mi preme di servir la forastiera;
 ed in tutta la fiera
870non trovo un sol mercante
 che mi voglia fidar senza il contante.
 Ingratissima sorte, e perché mai,
 se nascer mi facesti
 di cuor sì liberale,
875forza non darmi al mio costume eguale?
 L’entrate ho consumate,
 le terre ho ipotecate e i mercadanti,
 che non fanno per niente il lor dovere,
 fan morir di vergogna un cavaliere.
 
880   Se peggiora il mio destino,
 se non cangia il crudel fato,
 infelice, sventurato,
 son costretto a disperar.
 
    Chi il natal sortì meschino
885per costume al mal s’avvezza
 ma chi è nato in splendidezza
 povertà fa delirar. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Lesbina sola
 
 Mi ha detto il doganiere
 che Prospero tra un po’ dee qui portarsi,
890vuo’ aspettarlo qui intorno e potria darsi
 che a forza di lusinghe e di moine
 mi riescisse un dì trarlo al mio fine.
 Costui non mi dispiace e i suoi contanti
 facendomi sua sposa
895potriano i giorni miei render brillanti.
 Mi ci voglio impegnar; sol mi dà pena
 ch’essendo troppo avaro
 più che a una bella ei fa corte al denaro.
 Se questo all’arti mie poi non si move
900saprò volgermi altrova.
 Son giovinetta alfin; che mal sarà!
 Forse un altro miglior capiterà.
 
    Sto cercando un buon marito,
 chi mi vuole innalzi un dito,
905che star sola io più non so.
 
    Ma si sappia ch’io lo voglio
 amoroso e senza orgoglio
 né mi dica mai di no. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Prospetto della dogana della fiera.
 
 PROSPERO con facchini, doganiere e ministri
 
 Prospero
 Via, signor doganiere,
910consegnar favorisca
 le balle di coton che ho comperate
 e che con la mia marca ho già marcate. (Doganiere fa segno che se le prenda)
 Prospero
 Prendetele, facchini.
 Ecco i miei magazzini. (Accenna i suoi magazzini)
915Trasportate là dentro (Principia il trasporto)
 tutte coteste balle.
 (Parmi dietro le spalle
 aver sempre il sensal pien di malizia
 e pavento il rigor della giustizia).
920Fate presto vi dico. (Ai facchini)
 Ohimè! Son nell’intrico.
 Eccoli qui i bricconi.
 Ah Griffo indegno, il ciel te la perdoni.
 
 SCENA X
 
 GRIFFO, ORAZIO e li suddetti e un ministro
 
 Griffo
 Piano, piano, fermate. (Ai facchini)
925Per ordin dei signori
 giudici della fiera
 da questo lor ministro
 ad istanza d’Orazio Galavrone,
 si sequestran le balle di cotone. (Doganiere fa cenno ai facchini che portano)
 Prospero
930(Povero me! Son morto!)
 A me codesto torto?
 Griffo
 Se di ciò vi lagnate,
 il di più che gli spetta a lui rifate.
 Orazio
 I pettini e le spille,
935le tabacchiere e i guanti
 e ogni genere vostro peregrino
 resta per conto vostro in magazzino.
 Prospero
 Voglio le balle mie.
 Griffo
                                      Se le volete,
 fate quel che dovete.
940Pagate giustamente...
 Prospero
 No, non vuo’ dare niente.
 Perfida, ingrata gente!
 Da tutti assassinato,
 sono precipitato. Anche Lesbina
945mi promise il denar per ingannarmi,
 mi carpì l’orologio
 e uno scudo volea depositarmi.
 Non vi è più carità, non vi è ragione;
 vuo’ abbandonarmi alla disperazione.
 
 SCENA XI
 
 ORAZIO, GRIFFO e i suddetti
 
 Griffo
950La mercanzia è fermata.
 Ora vado in giudizio
 e dirò le ragioni.
 Orazio
                                 Un avvocato
 ritrovate per me d’abilità.
 Griffo
 No, che il coton nella difesa andrà.
955Lasciate fare a me, so il mio mestiere
 e farò il mio dovere. Io mi contento
 con poco esser pagato.
 Povero voi, se c’entra un avvocato! (Parte)
 
 SCENA XII
 
 ORAZIO e le persone suddette che non parlano
 
 Orazio
 Griffo è un uom singolare. Io son sicuro
960con l’assistenza sua tornar in piedi.
 Pagherò i creditori; e se non posso
 al presente pagar, Griffo dabbene
 troverà de’ pretesti
 per deluder le lettere e i protesti.
965Quel che più mi pesava
 nella disgrazia mia era il vedere
 a spassarsi tant’altri e non potere!
 Or che dall’usuraro
 il mio restante avrò,
970cospetto! io scialerò. Vuo’ divertirmi
 né pei debiti voglio intisichirmi.
 
 SCENA XIII
 
 LISAURA e detti
 
 Lisaura
 
    Son pur nata sfortunata,
 non so dir che mai sarà.
 
    Son da tutti abbandonata;
975vo chiedendo invan pietà.
 
 (Il conte più non vedo.
 Rifinito del tutto io già lo credo). (Da sé)
 Orazio
 (La povera ragazza,
 se del suo cavalier fa capitale,
980la passerà pur male). (Da sé)
 Lisaura
                                          (Veramente
 io so che i mercatanti
 hanno robe e contanti e sperar posso,
 con periglio minor dell’onestà,
 impetrare da lor qualche pietà). (Da sé)
 Orazio
985(Quasi quasi davvero,
 per burlarmi del conte, con costei
 far qualcosa di più m’impegnerei). (Da sé)
 Lisaura
 Riverisco, signore.
 Orazio
                                     Vi saluto.
 Ite cercando aiuto?
 Lisaura
                                      Son costretta
990da barbara disdetta
 il vitto mendicar.
 Orazio
                                   Ma cosa siete?
 Fanciulla o maritata,
 ordinaria, civil, serva o padrona?
 Lisaura
 Son zitella, signore, e per disgrazia
995son nata nobilmente,
 onde non so far niente; i genitori
 morti mi sono ed io
 senza aiuto verun, senz’arte alcuna
 cerco per onestà la mia fortuna.
 Orazio
1000Veramente il motivo è così onesto
 o chiedete mercé per un pretesto?
 Lisaura
 Giuro sull’onor mio...
 Orazio
                                          Non vi scaldate.
 Tutto vi crederò.
 Sono un uom di buon cor; vi aiuterò.
 Lisaura
1005Oh lo volesse il ciel!
 Orazio
                                       Ma il signor conte
 voi dovete lasciar.
 Lisaura
                                    L’ho già lasciato.
 Orazio
 È un povero spiantato;
 io vi farò veder come si fa,
 quando un uomo s’impegna come va.
 Lisaura
1010Grazie alla bontà vostra. (Finalmente
 il ciel m’ha proveduto).
 Orazio
 (Quando avrò del denar, le darò aiuto).
 
 SCENA XIV
 
 GIACINTA e detti
 
 Giacinta
 Presto, signor Orazio,
 salvatevi, fuggite.
 Orazio
                                   Cos’è stato?
 Giacinta
1015Voi siete ricercato.
 Orazio
 Da chi?
 Giacinta
                  Dalla giustizia. I creditori
 vi cercano per tutto.
 Orazio
                                       Pagherò.
 Giacinta
 Quando?
 Orazio
                    Quando ne avrò.
 Giacinta
                                                    Ma intanto...
 Orazio
                                                                              Intanto
 Griffo dove sarà?
 Lisaura
1020(Sono assai fortunata in verità). (Da sé)
 Giacinta
 Non lasciate trovarvi.
 Vi consiglio celarvi. In casa mia
 venir non vi conviene;
 ma io vi voglio bene,
1025io vi nasconderò.
 Se venite con me, vi salverò.
 Orazio
 Andiam dove vi pare.
 Ah mi sento tremare. (Vuol partire)
 Lisaura
                                           Signor mio, (Ad Orazio con ironia)
 gli rendo grazie della sua bontà.
 Orazio
1030Accettate la buona volontà. (A Lisaura)
 Giacinta
 Cosa vi avea promesso? (A Lisaura)
 Lisaura
                                               Il suo buon core.
 Si esibiva di farmi il protettore.
 Giacinta
 È ver? Meritereste... (Ad Orazio)
 Orazio
                                         Andiamo via.
 Giacinta
 E voi padrona mia, (A Lisaura)
1035che i protettori ricercando andate...
 Orazio
 Presto per carità. (A Giacinta)
 Giacinta
                                   Non mi seccate.
 
    Siete un perfido, un ingrato,
 vi dovrei abbandonar. (Ad Orazio)
 Sulla fiera in questo stato
1040non si viene a civettar. (A Lisaura)
 
    Voglio dir quel che mi pare. (Ad Orazio)
 Vi dovreste vergognare,
 questa vita non si fa. (A Lisaura)
 Siete ben accompagnati,
1045due falliti, due spiantati, (A tutti due)
 e la vostra falsità,
 no, non merita pietà. (Parte seguita da Orazio)
 
 SCENA XV
 
 LISAURA sola
 
 Lisaura
 Sempre di male in peggio
 vanno gli affari miei. Meglio è che torni
1050alla mia patria; in seno
 viver potrò de’ miei parenti almeno.
 Il lusso e l’ambizione
 mi han ridotta così; veder tant’altre
 vestir pomposamente e non potere
1055far lo stesso ancor io, vedermi astretta
 a vivere meschina e ritirata
 fu cagion ch’io partii da disperata.
 
    Fra gli affetti dominanti
 l’ambizione in noi prevale!
1060È peggior d’ogni altro male
 l’infelice povertà.
 
    Senz’amici e senz’amanti
 soffrir può la donna altera
 ma delira e si dispera
1065per l’interna vanità. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 Luogo remoto verso le mura della città, con fabbriche rovinate.
 
 PROSPERO, vestito alla greca, e LESBINA
 
 Lesbina
 Via, caro signor Prospero,
 venite e non temete.
 Già nessun sa chi siete;
 proprio parete un greco.
1070Non vi conosceria nemmeno un cieco.
 Prospero
 Il timor mi avvilisce e questo peso
 fa ch’io non possa accellerare il passo.
 Lesbina
 Cosa avete là sotto?
 Prospero
                                      Niente, niente.
 Lesbina
 Che uomo diffidente!
1075Mi volete celar quel ch’io già so?
 A portar il denar vi aiuterò.
 Prospero
 No, bisogno non c’è.
 Lo vuo’ portar da me.
 Lesbina
                                          Bella maniera!
 Questo fu sempre degl’avari il vizio,
1080corrispondere ingrati al benefizio.
 Siete da me venuto
 tremante, pauroso,
 temendo con ragione
 per gli scrocchi e l’osure andar prigione.
1085Pietosa io vi ho assistito,
 così vi ho travestito ed ho mandato
 una barca a cercar per andar via;
 e or dubitate della fede mia?
 Prospero
 No, di voi non ho dubbio; so che siete
1090una donna onorata;
 ma siete delicata e questo peso
 vi potrebbe stancar più del dovere.
 Lesbina
 Anzi di sollevarvi avrò piacere.
 Date qui.
 Prospero
                     Non vorrei
1095che fossimo veduti.
 Lesbina
                                      Non temete;
 il loco dove siamo
 vuoto è d’abitatori
 e possiamo operar senza timori.
 Prospero
 Ma per maggior cautela
1100fin che torna colui che dell’imbarco
 ci ha da recar l’avviso, entrar possiamo
 là dentro in quella fabbrica
 del tutto rovinata.
 Lesbina
                                    Andiamo pure.
 (Teme sempre l’avaro). (Da sé)
 Prospero
1105(Celerò colà dentro il mio denaro). (Da sé)
 Ma quant’è che è partito
 quel marinaro che mandaste al porto?
 Lesbina
 Mezz’ora è già passata. (Guarda l’orologio)
 Prospero
 Ventun ora è sonata?
 Lesbina
                                         Non ancora.
 Prospero
1110Lasciatemi veder. (Chiede l’orologio)
 Lesbina
                                     Guardate pure. (Tenendolo al fianco)
 Prospero
 Così ci vedo poco;
 lo vorrei nelle mani.
 Lesbina
                                        Oh signor no,
 sta bene dove sta. Dica, signore,
 lo vorria, non è ver?
 Prospero
                                       (Mi sta sul core). (Da sé)
 Lesbina
 
1115   Così avaro, così ingrato
 con chi v’ha beneficato?
 Mio signore, in verità
 questa è troppa crudeltà.
 
 Prospero
 
    Son tenuto al vostro amore,
1120so che siete di buon core
 ma il destin temer mi fa
 di ridurmi in povertà.
 
 Lesbina
 
    Di denar voi siete pieno.
 
 Prospero
 
 Non è ver, son miserabile.
 
 Lesbina
 
1125Ma là sotto?
 
 Prospero
 
                         Non v’è niente.
 
 Lesbina
 
 Vuo’ vedere...
 
 Prospero
 
                            Sento gente.
 
 a due
 
 Presto, presto, andiamo là.
 Giusto ciel, che mai sarà. (Si ritirano)
 
 SCENA XVII
 
 GIACINTA ed ORAZIO vestito da capitano inglese ed i suddetti ritirati, poi GRIFFO
 
 Giacinta
 
    Via venite allegramente,
1130dubitar volevo invano,
 un inglese capitano
 ciaschedun vi crederà.
 
 Orazio
 
    Sì, mia cara, veramente
 son tenuto al vostro ingegno,
1135dalle insidie, dall’impegno
 con tal arte si uscirà.
 
 Giacinta
 
    Mi sarete ingrato un dì?
 
 Orazio
 
 Ah, non dite a me così.
 
 Giacinta
 
    Nell’imbarco che si aspetta,
1140con voi pure io vuo’ partire.
 
 Orazio
 
 Sì, Giacinta mia diletta,
 voi mi fate il cor gioire.
 
 a due
 
 Sempre tale, sempre eguale,
 sia la nostra fedeltà.
 
 Orazio
 
1145   Ma vi è gente in quella parte. (Osservando dove sono entrati li suddetti)
 
 Giacinta
 
 Ritiriamoci in disparte.
 
 a due
 
 Non veduti, noi vedremo
 e sapremo chi sarà. (Si ritirano)
 
 Lesbina
 
    Non temete, è un uom di mare.
1150Che sia quello si può dare
 che ci deve trasportar. (A Prospero)
 
 Prospero
 
    Sì, vediam se è il marinaro.
 (Ho nascosto il mio denaro,
 non mi vuo’ più spaventar).
 
 Giacinta
 
1155   È Lesbina con un greco;
 franco pur venite meco,
 non abbiam da paventar. (Ad Orazio)
 
 Orazio
 
    Son con voi, non ho paura
 ma mi sento per natura
1160qualche poco il cor tremar.
 
 Lesbina
 
    Ehi Giacinta, chi è colui?
 
 Giacinta
 
 È un inglese capitano
 che sua sposa mi vuol far.
 
 Lesbina
 
    Ed il greco, ch’è qui meco,
1165è un mercante di Levante
 che mi vuole anch’ei sposar.
 
 Giacinta
 
    Mi rallegro con Lesbina.
 
 Lesbina
 
 Con Giacinta mi consolo.
 
 a due
 
 Bella sorte, bel consorte,
1170io mi sento giubilar.
 
 a quattro
 
    Tutti quattro unitamente
 ci potressimo imbarcar.
 
 Orazio
 
    Greco mercante
 per dofe andar? (Affetta l’inglese)
 
 Prospero
 
1175   Andar Levante
 per alto mar. (Affetta il greco)
 
 Orazio
 
    Foler compagno
 con me fenir?
 
 Prospero
 
    Stara contenta,
1180se mi volir.
 
 Orazio
 
    Come afer nome?
 
 Prospero
 
 Star Cocomiro
 Mustacostia,
 star mio paese
1185Cefalonia.
 E tua persona
 come chiamar?
 
 Orazio
 
    Star capitano,
 star Fanfalugh
1190e mio paese
 star Malborugh.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
    Nomi bellissimi
 che famosissimi
 per tutto il mondo
1195si puon chiamar.
 
 a quattro
 
    Tutti d’accordo
 vadasi a bordo
 lieti e contenti
 per navigar.
 
 Griffo
 
1200   Donne belle, donne care,
 non sapreste a me insegnare
 dove Orazio si ritrovi,
 dove Prospero sarà?
 
 Giacinta, Lesbina a due
 
 Vi è qualch’altra novità?
 
 Prospero, Orazio a due
 
1205(Me meschin, che mai sarà?)
 
 Griffo
 
    L’uno e l’altro si è saputo
 che fuggir voleva astuto
 ed il porto è circondato
 e fuggir più non potrà.
 
 Giacinta, Lesbina a due
 
1210Oh che brutta novità.
 
 Prospero, Orazio a due
 
 (Me meschin, che mai sarà?)
 
 Giacinta
 
    Cosa dice il capitano? (Ad Orazio)
 
 Lesbina
 
 Signor greco, che pensate? (A Prospero)
 
 a due
 
 Che risolvere non sa.
 
 Griffo
 
1215   E chi son questi signori?
 
 Orazio
 
 Star inglese.
 
 Prospero
 
                          Stara greco.
 
 Griffo
 
 Non son sordo, non son cieco,
 vi conosco in verità.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Cosa sento! Chi sarà?
 
 Prospero, Orazio a due
 
1220Griffo mio per carità. (Smascherandosi)
 
 Lesbina, Giacinta, Griffo a tre
 
 Bella, bella, in verità.
 
 Lesbina
 
    Con Giacinta mi consolo
 del famoso capitano.
 
 Giacinta
 
 Mi rallegro con Lesbina
1225del suo greco veterano.
 
 Lesbina
 
 Con l’inglese avrà un bel gusto.
 
 Giacinta
 
 Sarò sposa di un bel fusto!
 
 a due
 
 Bel consorte! Bella sorte!
 Che fortuna che averà!
 
 Prospero, Orazio a due
 
1230   Disgraziato, sfortunato,
 ahi, di me cosa sarà.
 
 Griffo
 
    Godiamo tosto,
 che di nascosto
 qualche ripiego
1235si troverà.
 
 Prospero
 
    (Il mio denaro
 lasciar non voglio).
 
 Orazio
 
 (Non vi è riparo,
 son nell’imbroglio).
 
 Griffo
 
1240Venite meco,
 si penserà.
 
 Prospero
 
 Andiam di qua. (Verso dove ha lasciato il denaro)
 
 Orazio, Giacinta, Griffo a tre
 
 Andiam di là.
 
 Prospero
 
    (Il mio denaro). (Piano a Lesbina)
 
 Lesbina
 
1245(La mia porzione). (Da sé)
 
 Griffo
 
 Chi può salvarsi
 si salverà.
 
 tutti
 
    Sorte crudele, destin tiranno,
 che grand’affanno mi sento al cor!
 
1250   Da vari affetti turbar mi sento
 e il mio spavento si fa maggior.
 
 Fine dell’atto secondo